venerdì 15 marzo 2013

Falsi Laureati e Quasi Laureati: Il Vero e il Falso Sè

Dopo il fenomeno dei falsi laureati, in questi ultimi tempi sta prendendo piede un nuovo modo di accreditarsi un quasi titolo. Molti personaggi pubblici, onorevoli o aspiranti tali hanno deciso di fare outing e dichiarano spontaneamente di non essere laureati ma di aver fatto comunque tutti (o quasi tutti) gli esami del corso di laurea a cui erano iscritti ("mi manca la tesi"). Questa confessione sembra restituire credibilità ed onestà ai comunque laureandi, ma solleva un problema che diversi miei pazienti riferiscono nel corso dei colloqui. Qual è la differenza tra quei pazienti che chiedono aiuto proprio per un problema legato alla mancata conclusione del corso di laurea, fonte di sofferenza e di un senso di fallimento e le persone che utilizzano le stesse circostanze per attribuirsi un quasi titolo che sembra costituire una sorta di compensazione equipollente? La cosa che mi viene in mente su due piedi è che nei primi prevalgono sentimenti che vanno dalla colpa alla vergogna, nei secondi all'opposto un senso di superiorità basato su di un atteggiamento di squalifica, disprezzo ("non mi serve un pezzo di carta"). Rimanendo in superficie sembrerebbe che i secondi siano molto più fortunati dei primi (è spesso così ...) e che, invece di finire "in terapia" a pagare le sedute sentendosi dire dai parenti che devono farcela da soli, riescano (in qualche caso) a procacciarsi un lavoretto niente male (quello di deputato per esempio) e ben retribuito, ammirati ed invidiati per la capacità di farcela nonostante tutto. E' veramente improbabile che questi quasi laureati di successo (ma che hanno fatto quasi o tutti gli esami) difficilmente arrivino a sperimentare qualche difficoltà che poi potrebbe portarli ad una richiesta di aiuto. Sembrano veramente fortunati. Abbiamo anche visto come i falsi laureati (cioè quelli che si attribuiscono una laurea che non hanno mai conseguito) riescano a sopportare discretamente anche il momento in cui vengono "scoperti" con una capacità notevole di minimizzare una cosa che sembra diventare un dettaglio insignificante. D'altra parte c'è da chiedersi quale altro meccanismo potrebbe permettere una sopravvivenza decente nel momento in cui si venga esposti alla pubblica gogna se non un salvifico diniego. Questi smascheramenti sembrano però un monito per i mascherati (cioè i sedicenti laureati non scoperti) e sembrano fattore determinante per questa epidemia di outing ("non sono laureato") che sembra imperversare negli ultimi tempi. Quindi nonostante il diniego e la negazione che ci permettono una mania onnipotente compensatoria (in cui gli elementi depressivi di colpa vengono eliminati) sembra che una certa paura di essere scoperti persista. E la paura di essere scoperti rimanda per assonanza (e neanche tanto) alla paranoia che a volte può alienare ma altre in qualche modo essere salvifica per coloro che fanno troppo affidamento sulle proprie capacità di negazione. Quindi l'outing (chiamiamolo così) sembra determinato da una difesa paranoide che concede al non laureato una via di scampo. All'onnipotenza lasciamo quel pugno di esami che sebbene inutili ci lasciano la possibilità di sopportare una sensazione che sarebbe di solo fallimento. Un senso di fallimento che nella sofferenza potrebbe permettere quella richiesta di aiuto probabile occasione di una vita possibile.






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